Il Signore ci aspetta per donarci ancora la sua gioia

Preghiera della Sera, continua il filone delle meditazioni del Vescovo predicatore S.E. Mons. Giuseppe Vegezzi

“Le parabole dei perduti e ritrovati. Quindi facciamo un altro passo nel domandarci che cosa annunciava Gesù, quali erano i suoi messaggi attraverso le parabole. Attraverso il numero delle parabole, se sono tante o di meno si capisce dove voleva andare, attraverso queste parabole sicuramente riscopriamo sempre qual era il suo messaggio che voleva dare ai discepoli suoi allora, ma anche a noi oggi. Abbiamo ascoltato queste parabole dei perduti e dei ritrovati, tutte e tre hanno questo soggetto: la pecora smarrita poi ritrovata, la dramma perduta ritrovata anche lei, il figlio perduto e che poi fa ritorno. Queste sono quelle più note, ce ne sono altre, ce ne sono molte altre a questo riguardo. Non le commento tutte, ma è interessante sapere che è un tema caro a Gesù, quello dell’avere un cuore grande aperto per tutti.

Un’altra parabola che probabilmente avete in mente è quella degli invitati al grande banchetto. Un signore fa questo banchetto, non arrivano gli invitati, esce e manda i suoi servi a chiamare qualcuno per fare festa, ma anche qui fa fatica a riempire la sala e allora il padrone di casa dice irritato al servo: ” Esci subito per le piazze e per le vie della città, conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. Dice il servo: “Signore è stato fatto ciò che hai detto, ma c’è ancora posto”. E allora ancora vai e richiama tutti, esci per le vie, per le strade, tutti devono entrare a questo banchetto. E’ il brano di Vangelo a cui Papa Francesco si riferisce quando appunto dice più volte che tutti nella Chiesa hanno diritto di entrare, non c’è da escludere nessuno. Tutti possono entrare, tutti hanno la possibilità della conversione, ma poi ciascuno è chiamato a fare i suoi passi perché possa entrare a far parte pienamente della comunità cristiana.

Però ci sono anche altri brani del Vangelo che ci dicono che Gesù aveva questa attenzione, per esempio quando mangia con i peccatori in casa di Levi. Quegli altri si chiedono perché mangi con i peccatori. E Gesù gli risponde: “Non hanno bisogno del medico quelli che stanno in salute ma quelli che stanno male. Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori”. Poi chiama Levi, pubblicano esattore delle tasse, quindi peccatore, a seguirlo. Quindi una persona era persa e Gesù va a recuperarla. Lo stesso colloquio con la Samaritana, questa donna che ha avuto tanti mariti, e Gesù sta lì a parlare insieme perché vuole farle arrivare alla sorgente vera. Possiamo citare anche la guarigione del paralitico, l’abbiamo detto, la malattia era una conseguenza dei peccati. Ci sono anche ancora altre che lascio alla vostra lettura. 

Ma possiamo domandarci, come abbiamo fatto anche le altre sere, che cosa dicono queste parabole. Quali sono le realtà fondamentali che emergono in quelle tre che abbiamo letto più quelle altre che ho appena citato. Anzitutto è una cosa molto semplice, c’è qualcosa di perduto. Possono essere le persone, una cosa, un animale, una pecora. Ciò che è perduto viene cercato con attenzione, un’attenzione particolare, anche alla pecora. Un pastore lascerà le novantanove e va a cercare quella che non trovava più, e la cerca con attenzione. Il soldo che si era perso nel pavimento, fatto di ciottoli di sassi, si faceva fatica a trovarlo. Ne aveva altre dieci, era una monetina, valeva pochissimo, eppure va a cercare proprio quella monetina lì. Va a cercare con attenzione, non con superficialità. E una volta che vengono trovate queste realtà, queste persone, queste cose, vengono accolte con amore, sia la pecora persa, sia la moneta. E poi anche naturalmente il figliolo che ritorna a casa viene ritrovato con gioia. E più volte si dice: “Così vi dico, vi sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”. Ancora: “Vi dico, c’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte”.

La gioia, il banchetto, la festa, la musica, le danze. Si parla di questi elementi, in questi brani che raccontano delle persone perse. Perché? Perché il tema della gioia è un tema che sta a cuore al Signore Gesù, perché vuole che i Suoi figli, che i Suoi discepoli vivano in un modo gioioso. Vuole la nostra gioia. E quindi ci dimostra tutta la gioia quando vede che qualcuno ha ricevuto il suo invito, quando qualcuno ha accettato il suo invito a cambiare, quando qualcuno ha intuito che vale la pena ascoltare il suo messaggio perché può recuperare, può avere la gioia. E quindi questo ricordiamocelo, il Signore vuole la gioia di ciascuno, anche la nostra. Anche quando magari ci sentiamo un po’ dei perduti, perché qualche volta magari ci perdiamo un po’, nel nostro modo di essere discepoli del Signore Gesù ricordiamoci che il Signore aspetta per ridonarci ancora la Sua gioia. Quindi queste sono le realtà che emergono.

Però possiamo anche domandarci: ma a chi raccontava queste cose? Qual era l’uditorio di Gesù? A chi veniva a portata questa proposta, questo insegnamento? Se andiamo a vederli, Gesù ha davanti agli occhi un uditorio che definirei così, “uditorio di mormoratori invidiosi”. Infatti il Vangelo dice che farisei, gli scribi mormoravano poiché “costui riceve i peccatori e mangia con loro”. E allora egli dice questa parabola. Più volte ritorna questa mormorazione invidiosa, soprattutto magari dagli scribi. I mormoratori invidiosi, possiamo dire così, non sono gente estranea, sono gente di casa. I farisei, appunto, erano pienamente di casa nella religione ebraica e quindi erano quelli che giravano attorno, insomma erano i credenti, i praticanti di allora. Il figlio maggiore che si ribella, che è invidioso, è il figlio maggiore della parabola del figlio al prodigo, appunto del padre misericordioso. Quindi i mormoratori invidiosi sono gente che appartiene a quell’ambiente, non a gente diversa. C’è qualcuno qui a casa che crede di conoscere abbastanza il padre. Il fratello maggiore, ce lo dice chiaro, credeva di conoscere il suo padre e si meraviglia di quello che fa. “Ecco io ti ho servito, ho fatto questo, quest’altro, perché tu hai fatto questo? Perché hai sperato, perché hai accontentato quello là?” Ecco lui è un po’ l’immagine, della gente che crede di conoscere Dio e non comprende il perché del comportamento di Gesù. Questa è un’altra tentazione a cui dobbiamo stare attenti, perché se il modo di agire di Dio non corrisponde al nostro modo di agire, non è che noi ci mettiamo in dubbio, ma diciamo che sbaglia il Padre Eterno. Chi di voi lascerebbe le novantanove pecore per andare a cercarne una? Beh, non so quanti avrebbero fatto questo, perché? Perché noi pensiamo diversamente, a volte e crediamo di conoscere il Padre e se non corrisponde con le nostre idee allora ci chiediamo come mai si comporti in questo modo.

Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri. Ritorna ancora questa idea, ritorna questa idea di chi dice “sono già a posto, so già io cosa devo credere e come devo credere e quindi non ho bisogno di sentire altre cose, io umanamente farei diversamente”. E anche nel Vangelo c’è una frase simile e la risposta di Gesù è: “Oppure sei invidioso perché io sono buono”. Forse facciamo fatica, ci piace di più un Dio giudice, un Dio severo che un Dio misericordioso. Perché? Perché ci invita a fare altrettanto, perché ci invita a cambiare anche il nostro cuore e ci invita a vedere quante volte noi siamo capaci di disprezzare gli altri che non di amare gli altri e di perdonarli.

Ma quale idea di Dio viene fuori da queste parabole? Anzitutto la prima idea è che Dio cerca ciò che è perduto, quello che è stato perso, perché quell’altro sta già bene, perché quell’altro ha già la fortuna di credere, perché quell’altro ha già la fortuna di poter realizzare la propria vita stando su questa strada, sulla sua parola. Quindi non perché disprezza gli altri, chi cerca di avere fede, perché va a cercare gli altri. Ancora Dio ha gioia per il ritrovamento del perduto, sempre. Dio affronta critiche per stare dalla parte del perduto. Chi cerca di stare dalla parte di chi più è perduto, dalla parte di chi più è debole, di chi ha bisogno di essere risollevato, viene criticato. Una delle critiche maggiori che vengono fatte a Papa Francesco, appunto, da tante parti, è quando parla dei poveri, quando parla degli emarginati, e qualcuno sente un po’ di fastidio di fronte a questa sua insistenza. Ma è Vangelo, è quello che il Signore ci ha insegnato. Dio rischia il suo Figlio per il perduto. Come nella parabola dei vignaioli omicidi, quella che dice: “Insomma, ho cercato di trovare diverse strade per arrivare a farvi capire qual è la cosa che vale, ho mandato questo vignaiolo, poi quell’altro, finalmente ho mandato il mio figlio, avranno rispetto”, invece lo fanno fuori più degli altri. 

Dio rischia la sua faccia per portare a casa noi, per portarci a Lui. E quindi, possiamo dire, Dio si interessa anche di una sola persona che ha diritto di essere recuperato. E questo dà fastidio perché il Signore è buono, appunto. Questo dà fastidio perché il Signore va a cercare ciò che è insignificante a volte, che può sembrare da buttare via, mentre noi che siamo abituati a cercare qualcosa che vale, qualche cosa che vale di più degli altri, che è grandioso. Allora è un cambio di logica. E di fronte a questo invidia che a volte si ha nel Signore perché agisce così, mi permetto di dire attenzione perché anche l’invidia a volte c’è nella Chiesa, c’è nelle nostre comunità. A volte c’è il risentimento perché qualcuno riesce a credere di più di un altro, perché qualcuno riesce a fare bene più degli altri, più dell’altro. Allora nasce un po’ questa invidia, questa divisione. Ed è la rovina un po’ di alcune nostre comunità cristiane. Attraverso i gruppi che ci sono nelle parrocchie a volte subentra questa invidia. Perché? Perché non riusciamo a entrare nella logica del Vangelo, e corriamo avanti. L’invidia rovina il cuore dell’uomo a partire da noi stessi.

Qual è il rimedio? Io penso che il rimedio sia quello di riconoscere i doni di Dio che abbiamo dentro ciascuno di noi ed essere contenti perché il Signore ci ha dato questa fortuna, questo dono, questa capacità di fare del bene, o di pregare. Vedere i doni che il Signore ha messo dentro di noi ci permette di vederli e di riconoscerli anche negli altri. Tante volte negli altri vediamo solo i difetti, il negativo. Solo così allora riusciremo a non essere persi, solo così riusciremo a sentirci anche noi dei ritrovati, delle persone che hanno bisogno di essere ritrovati per poter vivere di nuovo. E allora questa sera vi invito a domandarvi: quando, magari anch’io, mi sento uno un po’ perso? Quando mi sento uno che ha bisogno di essere ritrovato dall’amore del Padre?

Maria, nostra Madre, ci doni occhi limpidi per vedere i doni che abbiamo ricevuto così da poter vedere il bene anche nel fratello che ci sta accanto.”


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